Sopra tutto la speranza

Nei travagliati tempi in cui siamo chiamati a vivere è opportuno sottolineare come quella cristiana sia un’esperienza di piena libertà. Troppo spesso, infatti, trattiamo le circostanze che ci capitano o le situazioni con cui ci troviamo a fare i conti come dati ineluttabili, come se il caso o un destino fatale avesse preso il posto della libertà di Dio e di quella dell’uomo. Basti pensare, ad esempio, alla crisi economica e finanziaria di questo periodo e alle sue pesanti conseguenze. E Dio non voglia che con fatalismo abbiamo a comportarci davanti a gravi fatti come quelli successi a
Roma ieri. Ci offende profondamente come cristiani la distruzione della statua della Vergine e la profanazione del Crocifisso, ma l’episodio di ieri forse ancor più che offenderci ci intristisce pesantemente e ci addolora in maniera grave perché esprime una grave violenza del più comune senso dell’umano.
Bisogna riportare pace e giustizia e reagire, nel senso nobile della parola, costruendo relazioni buone. Non possiamo subire tutto in modo ineluttabile. Lo ripeto, non è vero che il caso o un destino fatale ha preso il posto della libertà di Dio e di quella dell’uomo. Non è così. Certo anche la libertà del maligno, vinta ma non ancora sconfitta, è all’opera nella storia e spesso incurva la nostra fragile libertà umana, ma la vita del nostro popolo documenta anche l’esistenza di fatti e opere buone che dicono questa sovranità sul male dell’umana libertà quando si lascia cambiare dalla grazia di Cristo.

A. Scola, Omelia 16 ottobre 2011

Guardando alle immagini che in questi giorni si susseguono sui media la prima reazione umana che possiamo avere è quella della condanna, dell’indignazione e della distanza. Se ci fermiamo un’attimo e pensiamo a questi uomini che hanno preso d’assalto Roma e più in generale creano tumulti in più occasioni in giro per il mondo non può non pervaderci un profondo sentimento di tristezza e di compassione. Quale vuoto umano spinge una persona a comportarsi così? 

D’accordo la stupidità, l’insoddisfazione, l’arrabbiatura e tutto il resto ma al fondo di questo un grande vuoto. Ti alzi la mattina e nelle circostanze domina la rabbia, domina la fatica che in alcuni casi diventa sfogo vuoto e senza controllo e quindi violenza.

Possibile che noi siamo pronti a condannare ma non a guardare il vuoto che hanno queste persone. Dove siamo stati noi quando loro crescevano. Talvolta è troppo comodo prendere le distanze (certamente giuste e doverose) ma non mettere mai in discussione il nostro agire nel piccolo. Forse che la nostra “fragile libertà umana” è libera e al riparo dalle “incurvature”.

Lo sdegno per quello che vediamo succedere deve mettere in moto innanzitutto noi. Non però in forza di regole o leggi ma di affetto innanzitutto di fronte al “fratello uomo” che nella vita non ha incontrato ancora qualcuno che riempia le sue giornate togliendo spazio a quell’istintività che tutti abbiamo e che in qualcuno arriva alla violenza di Roma.

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